Ispica - Non ci sono in svendita solo i grandi castelli, come il San Filippo a Ragusa o l’Aragonese a Comiso, ma anche piccoli pezzi di storia e di secoli passati, sparsi qua e là delle vie dei centri iblei. Nel centro di Ispica, a 50 metri dal Parco Forza, c’è un castelletto in elegante stile Liberty, con tanto di torrione merlato, fatto costruire a fine 800 da Don Giovanni Moltisanti, la cui figlia sposò il nobiluomo modicano De Leiva, parente della Monaca di Monza che porta lo stesso cognome. Lo ammiriamo nelle prime 6 foto allegate.
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Dal terrazzo panoramico si ammirano tutti i tetti della città e la campagna verde sullo sfondo ma, a fronte della magnificenza esterna, dentro sono solo 200 mq calpestabili. Il prezzo di partenza, 150mila euro , denuncia da solo i lavori di ristrutturazioni necessari a cominciare dagli intonaci: le pareti hanno macchie di umidità da tinteggiare ma il problema sono i soffitti finemente affrescati: per mantenerne colori e disegni originali più che a un bianchino tocca rivolgersi a un restauratore. Sempre a Ispica, e sempre da ristrutturare, c’è un’altra palazzina in stile Liberty (foto 7) dal prospetto aristocratico d’inizio 900, più o meno della stessa ampiezza e prezzo. Girando, si trovano in offerta stabili interi del secolo scorso (foto 8 e 9).
Ma il pezzo più pregiato è nel cuore stesso della città, su corso Garibaldi, proprio accanto alla piazza principale: il Palazzo tardo barocco ordinato dal Barone Michele Modica di San Giovanni e Sirugo dei principi di Bellaprima, tra il 1835 ed 1845 (foto 10-12), oggi di proprietà della famiglia Bruno. Qui però la trattativa è riservata. Parliamo di 2000 mq su 3 piani per oltre 50 camere, con cortile. Residenza privata, poi sede 1930 al 1963 del Banco Giovan-Pietro Modica, quindi set cinematografico. In quei locali, negozi, uffici e magazzini al piano terra - dove una volta ferveva l’attività - hanno girato anche alcune scene della serie tv del commissario Montalbano.
La società acquirente, secondo chi vende, dovrebbe tornare a farli brulicare con qualche idea. Impossibile però toccare la facciata, sottoposta certamente a vincoli e tutele. Ma sarebbe un peccato stravolgerne anche gli interni: stanze e saloni affrescati, vetrate colorate, scale, pavimenti e volte originali che trasportano veramente in un’epoca passata. E’ il simbolo più vistoso dello spopolamento dei centri dell’entroterra ibleo e della difficoltà dei nuovi imprenditori di realizzare strutture di qualunque tipo – ricettive, museali, d’intrattenimento - in sale e corridoi coi muri ammuffiti che, a percorrerli ancora oggi, raccontano di un’altra era, di avventure, feste e rituali di un tempo che fu e non sarà mai piu'.