La pianta Arundo donax, conosciuta come canna domestica, è una specie che appartiene alla famiglia delle graminacee come il frumento e il granturco.
Dal carattere rustico e poco esigente, la pianta vegeta preferibilmente in ambiente mediterraneo ma si spinge in condizioni climatiche particolari fino ai 700 m. s.l.m. Oramai naturalizzata è presente in tutto il mondo ma spesso viene considerata una specie invasiva per la sua velocità di crescita (propagazione a mezzo rizomi) e per facilità di attecchire in tutti i tipi di terreno dove viene a formare i cosiddetti canneti. Un tempo era molto apprezzata per la sua presenza in terreni marginali non economicamente coltivabili e per gli usi domestici che venivano fatti con la lavorazione della canna (culmo). Spesso veniva utilizzata nell’orto come sostegno al pomodoro, alle viti allevate ad alberello, tante volte utilizzata per barriere frangivento (orti e vigneti).
Molte le famiglie contadine che per decenni utilizzarono la canna per fare le ceste (non esistevano contenitori in plastica), piccoli silos per conservare le derrate alimentari quali frumento e fave (cannizzi) e ancora di più nel nostro ambiente isolano come sostegno coibentante posta sotto le tegole nei tetti delle case di abitazione. Oggi la coltivazione di questa specie rustica deve essere riconsiderata come opportunità economica soprattutto nei terreni poveri e marginali per le scarse esigenze colturali e per il reddito non indifferente che può fornire all’azienda. Infatti ha bisogno di modesti apporti idrici e concimazioni, non risente di attacchi parassitari, è una coltura perenne con alta produzione di biomassa per ettaro e quindi una specie che risponde perfettamente a tutti i requisiti di sostenibilità ambientale.
Ancor più del passato, oggi la coltivazione della canna comune è importante per gli usi industriali quali la produzione di biogas e biometano (fermentazione anaerobica del trinciato di cui si ricavano circa 160 mc per tonnellata), impiego della biomassa lavorata come combustibile in pellet per riscaldamento, come trasformazione della biomassa in carburante bioetanolo, ma anche nell’industria della carta per la produzione di cellulosa. Potremmo definirla una coltura importante da valutare sia dal lato agronomico, entrata in produzione già al secondo anno di impianto e per la quantità di massa prodotta con raccolta annuale( 40-80 t/ha), sia dal lato economico con un bilancio attivo, le poche spese sono riferibili alla raccolta (meccanizzabile con testate del mais modificate), alla sfogliatura e sistemazione in fasci e per il trasporto. In riferimento alla PAC la coltivazione risulterebbe altresì conveniente per il sostegno alle misure green delle essenze ecologico ambientali sostenibili.
Considerata quindi come coltura prettamente energetica (vita utile del canneto 15-20 anni) il suo incremento colturale potrebbe essere visto come sostegno all’industria del biogas che si presume possa svilupparsi nel prossimo decennio come energia alternativa alle fonti non rinnovabili.