Almeno i musei hanno riaperto nei feriali in zona gialla e hanno potuto sfruttare il lockdown per dedicarsi a una massiccia campagna promozionale di rilancio, grazie alle versioni on demand e interattive. Durante la quarantena le visite virtuali alle gallerie degli Uffizi, tra i musei più seguiti al mondo su Instagram e con più follower in Italia, hanno sfiorato i 4 milioni: segno che - per quanto insostituibile sia la visione diretta e a occhio nudo, di uno show come di un quadro - l’emergenza ha solo accelerato il trend verso un godimento e una condivisone sempre più digitale e sempre meno fisica dell’opera d’arte. Grazie ad app e software personalizzati, interattivi, tecnologicamente avanzati, che mettono a rischio però il posto di circa 150mila operai impiegati sul territorio nazionale nella realizzazione di scenografie, costumi, fondali e cura dei locali. Distribuiti nelle 2mila piccole aziende attive nel settore, pesano 4 miliardi di euro sulla bilancia dei ricavi.
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Cultura e spettacolo in fondo e dal fondo ripartiranno, visto che i loro luoghi più iconici sono i anche più fragili per il contenimento del Covid. Non riusciranno più a tornare come prima. Non che teatri e cinema, finiti da principio in fondo ai Dpcm, facessero profitti da capogiro dopo 10 anni di convivenza con lo strapotere delle piattaforme di streaming e di produzione di film, serie tv, documentari, cartoon, videogame. Il Coronavirus ha stroncato le rappresentazioni, già sofferenti per la progressiva flessione verso contenuti dalla fruibilità, appunto, più rapida e tecnologica. Che rappresenta la salvezza invece del grande schermo, anche senza sale: attori e registi hanno già ripreso a girare scene in situazioni protette e monitorate dai tamponi, in alcune produzione si fa maggior ricorso allo sviluppo di immagini generate dalla computer grafica. E’ quella manodopera spesso sommersa, che sta letteralmente dietro le quinte, a rischiare di restar tagliata fuori dal cambiamento.
Nota dolente a parte è la musica, specie quella all’aperto, dal vivo, vera locomotiva dell’industria dell’entertainment. Il miliardo stanziato dall’esecutivo Conte nel Fondo emergenza, se non sarà rifinanziato, non coprirà nemmeno le perdite fin qui subite dal “live”: un business trasversale, che include ogni genere di esibizione, così strategico per il nostro turismo. Le star di livello non hanno lo spettro della canna del gas viste le ricchezze accumulate finora. Anche qui sono le maestranze a rischiare il lavoro, quei profili specializzati che costituivano l’asse portante di una tournee: rigger, facchini, montatori, assistenti, tecnici delle luci, autisti, fino ai musicisti che accompagnano i cantanti sul palco. Tanti stanno provando a trasferire il loro know how là dove si è ricominciato, reiventandosi nella logistica, nel trasporto merci, nell’edilizia.