Ragusa - C’era una volta il petrolio. L’abbiamo rispolverato tempo fa su Ragusanews i cinegiornali di metà anni 50 dell’Istituto Luce, quando l’oro nero nel ragusano pareva la manna dal cielo. Allora spuntarono pozzi di petrolio pure a Gela, Troina, Gagliano, Bronte, Mazara: pareva il Texas. Ma sul territorio ibleo, ancora prima, in epoca fascista, aveva coltivato a lungo la speranza nella Tabuna di pietra pece, da cui si tentava disperatamente di estrarlo. Archiviati i sogni di greggio, adesso i pozzi di Ragusa e Gela "sono ad esaurimento - annuncia il dirigente del dipartimento Energia della Regione, Antonio Martini -, nel medio periodo saranno sigillati e le aree riperimetrate".
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Avevamo anticipato la settimana scorsa che il giacimento Vega, al largo di Pozzallo, era stato messo in stand by. Gli altri sono a gas ma producono meno di 80 milioni di metri cubi l'anno quando, per soddisfare tutto il consumo domestico della sola Sicilia, ne servirebbero 8 miliardi, 100 volte tanto. C’è però il gas nel Canale che potrebbe fare dell’Isola un polo energetico strategico per gli approvvigionamenti, visto che arriva pure da Libia e Algeria tramite due gasdotti allacciati a sud dell'Isola. Ma a parte la piattaforma Cassiopea, allo stato non c’è molto altro.
L’ultima struttura che si pensa di sviluppare è il rigassificatore a Porto Empedocle; ce ne sarebbe in ballo uno pure a Priolo Gargallo, nel siracusano, sindaci e ambientalisti permettendo. Tra l'altro, l'obiettivo del Piano energia - superata la crisi energetica accelerata dalla guerra ucraina e se non ci saranno altri cataclismi - in realtà sarebbe quello di superare anche il gas, che resta una fonte fossile, per riconvertire massicciamente impianti e strutture nel segno del rinnovabile: sole, vento e mare. Alcuni di questi progetti riguardano anche la nostra provincia. Ma anche il “green” non mette tutti d’accordo, perché deturpa il paesaggio: a chi piace camminare in una valle lastricata di pannelli a specchio e mulini con pale roteanti all’orizzonte?