Pozzallo – E' un gran parlare in queste settimane della Sicilia come territorio strategico per l'energia italiana, a proposito di una crisi di prezzi e forniture che ci sarebbe stata anche senza guerra ucraina e che il conflitto ha solo aggravato e accelerato. Come ha fatto il Covid, per il sistema sanitario pubblico. L'Isola, assolata e ventosa, è un importante operatore integrato della produzione di fonti rinnovabili: una stazione naturale di rifornimento per tutto il resto del Paese che potrebbe rimpiazzare, a minor costo, gli approvvigionamenti russi da cui ambiamo a sganciarci.
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Eppure, dopo anni di aperture e stop, alla fine Edison ha ceduto alla compagnia greco inglese Energean il programma della piattaforma petrolifera di trivellazione Vega B al largo di Pozzallo. "La decisione di dismettere le attività - ha detto l’ad Nicola Monti - è dipesa dalla rifocalizzazione strategica che Edison ha compiuto negli ultimi anni per concentrarsi sui business della transizione energetica come le energie rinnovabili, l'efficienza energetica, la mobilità sostenibile e i servizi a valore aggiunto per i clienti".
La burocrazia isolana, con i suoi vincoli ambientali e paesaggistici, impedisce o rallenta fortemente le autorizzazioni ma “non è solo un tema siciliano - aggiunge -, i governi locali in regioni ad alto potenziale come la Sicilia devono, però, assumersi le loro responsabilità per partecipare a un piano di sviluppo delle rinnovabili a cui non possiamo rinunciare". Attualmente l’Isola è ancora tra i territori che attraggono con i maggiori investimenti nel settore, grazie al clima e alla posizione nel mar Mediterraneo: ne è esempio il progetto della Falck Renewables a Scicli, che potrebbe svilupparsi ancora nel ragusano. La nostra provincia, poi, avrebbe già una lunga storia alle spalle in tema di carburanti e combustibili.
Sempre più operatori, inoltre, guardano all’eolico galleggiante - capace di concentrare insieme la forza di onde, vento e sole: proprio la Falck, in partnership con BlueFloat, ha annunciato alcuni giorni fa l’intenzione di realizzare 5 parchi eolici marini nel Canale di Sicilia e al largo di Calabria e Puglia. Non è un problema di soldi, ma di tempo: ce ne vuole, al netto della burocrazia nostrana, per costruire e sviluppare impianti e siti tecnologici di tale grandezza. E il gas serve subito: per questo Eni e il governo sono in tournee in Africa e negli stati del Golfo, per tirare avanti finché i tanti progetti tricolore prenderanno concretamente forma.