Ragusa - Le ultime filiali a spegnere le insegne sono state a luglio quelle del Banco di Sicilia, gruppo Unicredit a Palermo, Belmonte Mezzagno, Campobello di Mazara, Custonaci, Canicattini Bagni. Ma la ritirata dall’Isola riguarda tutti gli istituti. Negli ultimi 5 anni, secondo Bankitalia, hanno abbassato la saracinesca il 26% delle banche rispetto al 22,4 di media italiana: 1.174 solo nel 2020. Oggi, su 391 comuni siciliani, 109 non hanno uno sportello per svolgere operazioni bancarie.
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Un servizio essenziale, anche nel pieno dell’epidemia Covid, e quindi un grave disagio soprattutto per gli anziani, più vulnerabili alle truffe in Rete e meno pratici di moduli online. Eppure proprio la pandemia, con l’esplosione di smart working e attività da remoto, ha contribuito ad accelerare il trend negativo. “Il problema - dice Mimma Argurio della Fisac/Cgil a Repubblica - va inquadrato in un generale impoverimento e svuotamento delle aree interne della Sicilia: con le banche spariscono scuole, ospedali e tutti le altre strutture essenziali che continuano a concentrarsi nei grandi centri , condannando a morte la periferia del Paese".
Spariscono gli sportelli, e pure i posti di lavoro: sempre negli ultimi 5 anni si è passati da 12.122 a 9.534 siciliani impiegati nel settore (-21,3%). I dipendenti non riescono ad andare in pensione e il mancato ricambio generazionale pesa sulla modernizzazione del comparto: per ogni 200 che escono se ne assumono 20, spesso “interinali, dopo anni di precariato”, e il virus della chiusura si sta attaccando anche alle compagnie assicurative. L’aumento delle transazioni digitali e dei clienti attivi su web e mobile arricchisce le imprese, ma indebolisce i lavoratori.