Esteri Iran

Cecilia Sala arrestata per un gioco internazionale di ostaggi

Chi è l'iraniano Abedini fermato a Malpensa: il presunto legame con l'arresto della giornalista

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/28-12-2024/cecilia-sala-arrestata-per-un-gioco-internazionale-di-ostaggi-500.jpg Cecilia Sala arrestata per un gioco internazionale di ostaggi


Teheran - L'arresto di Cecilia Sala in Iran è legato al fenomeno della "diplomazia degli ostaggi"? Il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani per ora smentisce: «Noi stiamo lavorando per liberare Cecilia Sala. È inutile che si facciano dietrologie, l'importante è che torni a casa il prima possibile grazie al lavoro della diplomazia con la collaborazione tra presidenza del consiglio e ministero degli Esteri».

«C'è un detenuto svizzero iraniano che è stato arrestato a Malpensa prima di Cecilia Sala a Teheran perché c'era un mandato di cattura internazionale emesso dagli Usa», ha spiegato Tajani. «Il detenuto, essendo ancora non condannato, è trattato con tutte le regole di garanzia che dobbiamo dare. Ha ricevuto visita consolare, il suo avvocato ha avuto la possibilità di conoscere i capi d'imputazione, ma sono capi d'imputazione che vengono da un mandato cattura internazionale, non è una scelta italiana, l'Italia non è competente per il procedimento penale di questo iraniano. Poi si vedrà l'estradizione. Per il momento è trattenuto in carcere con tutte le garanzie che spettano a un detenuto non italiano», ha aggiunto. 

Chi è Mohammad Abedini Najafabadi
Mohammad Abedini Najafabadi è stato bloccato il 16 dicembre scorso su ordine della giustizia americana all'aeroporto milanese di Malpensa, dove era appena atterrato da Istanbul. L'uomo, 38 anni, è sostanzialmente accusato di associazione a delinquere con finalità di terrorismo: è attualmente detenuto nel carcere di Opera, a Milano, dopo la misura cautelare emessa dalla Corte d'Appello di Milano. L'avvocato Alfredo De Francesco, legale dell'iraniano, ha respinto le accuse verso il suo assistito: «Dall'analisi dei documenti in mio possesso pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare. Lui respinge le accuse e non riesce a capire i motivi dell'arresto». «Non capisce perché è stato arrestato ed è molto preoccupato» ha aggiunto Di Francesco. 

La Procura di Milano ha aperto un fascicolo a modello 45, ossia senza indagati e senza titolo di reato, sulle modalità con cui è avvenuto l'arresto Mohammad Abedini Najafabadi. Lo confermano all'ANSA fonti qualificate. L'indagine è semplicemente conoscitiva e potrebbe riguardare anche i tempi stretti tra la emissione del mandato di arresto ai fini di estradizione, datato 13 dicembre, e il fermo dell'uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni.

Le accuse
A fine gennaio scadono i termini per l'invio degli atti da parte degli Stati Uniti alla Corte d'Appello di Milano a corredo della richiesta di estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi. Le autorità americane hanno infatti 40 giorni di tempo, dopo la convalida, per trasmettere gli atti di accusa nei confronti del 38enne cittadino iraniano. Se non arriveranno, l'uomo, bloccato lo scorso 16 dicembre su ordine della giustizia americana all'aeroporto milanese di Malpensa, dovrà essere rilasciato in quanto la misura perde di efficacia. Da quanto si è appreso Abedini, che insieme a un complice arrestato in Usa, è accusato di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all'Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni, nei giorni scorso è stato trasferito dal carcere di Rossano Calabro a quello milanese di Opera. La convalida dell'arresto è avvenuta il 18 dicembre scorso in una udienza in cui, come riferisce il suo legale, si era opposto alla richiesta degli Usa. Ora i giudici milanesi sono in attesa dei documenti per fissare l'udienza e quindi dare il via alla procedura di estradizione.

In genere, come prevede la norma, le carte, attraverso i canali diplomatici e il Ministero degli Esteri, vengono trasmesse al Ministero della Giustizia - che nelle more può chiedere di non mantenere la misura in carcere - , il quale a sua volta le invia alla Procura Generale di Milano e alla Corte. Il sostituto pg designato a trattare il caso, con una requisitoria scritta, propone di riconoscere o meno l'istanza di estradizione. La Corte d'Appello avrà quindi dieci giorni di tempo per fissare udienza che verrà svolta in seduta camerale, ossia non pubblica. La Corte dovrà valutare se ci sono o meno le condizioni per accogliere la richiesta di estradizione, sulla quale la decisione finale è esclusivamente del ministero della giustizia. 

La "diplomazia degli ostaggi"
L'arresto arbitrario di cittadini stranieri o con doppia nazionalità ha origini lontane in Iran ed è riconducibile alla cosiddetta "diplomazia degli ostaggi" che in passato ha permesso alla Repubblica islamica, in un contesto di sanzioni economiche e isolamento diplomatico, di usare i prigionieri come leva per ottenere favori o la liberazione di iraniani detenuti all'estero. A sottolinearlo è un recente rapporto dell'Istituto francese per le relazioni internazionali (Ifri) firmato dallo studioso Clement Therme, che esamina in particolare «il caso degli europei detenuti a Teheran». Una pratica nella quale qualcuno teme possa essere incappata anche la giornalista italiana Cecilia Sala dopo il fermo di un cittadino iraniano dieci giorni fa a Milano. Ma che, secondo l'Ifri, si sta ritorcendo contro lo stesso Iran, destinato a rimanere «diplomaticamente inaffidabile» davanti a una condotta del genere. «La pratica della presa di ostaggi da parte della Repubblica islamica - si legge nello studio - costituisce uno dei fondamenti della sua politica estera dal 1979. Il 4 novembre di quell'anno diverse centinaia di studenti rivoluzionari penetrarono all'interno dell'ambasciata americana a Teheran prendendo in ostaggio una cinquantina di diplomatici, tenuti poi sotto sequestro per 444 giorni». Una «doppia trasgressione volontaria delle norme del diritto internazionale» e, da allora, «una componente essenziale della strategia asimmetrica iraniana di fronte all'Occidente». 

I precedenti
Dalla Rivoluzione islamica non solo americani ma anche europei, australiani, persone con doppia nazionalità e iraniani residenti all'estero sono finiti nella famigerata prigione di Evin - dove ora è detenuta Sala e dove finì anche Alessia Piperno - diventando spesso oggetto, palese o in segreto, di trattative di ogni genere. È del giugno scorso ad esempio il caso, l'ultimo di una lunga serie, di un ex funzionario iraniano, Hamid Nouri, condannato all'ergastolo da un tribunale svedese per il suo ruolo nei massacri delle prigioni del 1988 e poi liberato in cambio di Johan Floderus e Saeed Azizi, due svedesi arrestati arbitrariamente nel 2022 e tornati a casa il 15 giugno di quest'anno dopo aver subito una serie di violazioni dei loro diritti umani in Iran. Floderus lavorava tra l'altro come diplomatico dell'Unione Europea ed era stato formalmente accusato di aver svolto operazioni di spionaggio contro Teheran per conto di Israele. Amnesty International, pur plaudendo al ritorno a casa degli ostaggi, parlò di un «colpo devastante per le persone sopravvissute e i parenti delle vittime» che avrebbe «incoraggiato le autorità iraniane a commettere ulteriori crimini di diritto internazionale, incluso il sequestro di ostaggi, senza temere conseguenze». 

Risale al 2023 invece il rilascio da parte di Teheran di cinque cittadini americani di origine iraniana accusati di spionaggio in cambio della libertà di cinque cittadini iraniani detenuti negli Stati Uniti per reati non violenti. L'accordo che portò allo scambio contemplò anche lo scongelamento da parte di Washington di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani bloccati a causa delle sanzioni Usa: il denaro, congelato in Corea del Sud, fu trasferito su sei conti iraniani in Qatar.


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