Il regista David Lynch è morto a 78 anni. A darne la notizia è stata la famiglia con un post su Facebook: «C’è un grande vuoto nel mondo ora che non è più con noi. Ma, come avrebbe detto, guardate la ciambella e non il buco». Nel 2024 Lynch aveva rivelato di soffrire di un enfisema che egli stesso imputava ai «troppi anni passati a fumare». L'annuncio era arrivato via Twitter dopo un inno in stile lynchiano al tabacco, al suo odore e al gesto di accendersi una sigaretta, salvo poi riconoscere che «il piacere ha un prezzo» e che, per lui, il prezzo da pagare è stata questa malattia che porta alla distruzione degli alveoli polmonari e provoca una repentina mancanza di respiro e, nel suo caso, non gli avrebbe più permesso di dirigere un film.
Negli ultimi giorni il regista era stato evacuato dalla sua casa di Senalda Road a causa dei devastanti incendi di Los Angeles e delle precarie condizioni dei suoi polmoni; la sua produttrice, però, aveva confermato che Lynch stesse bene e fosse al sicuro.
I suoi film, tra i più acclamati e influenti degli ultimi quarant'anni, un continuo intreccio tra realtà e sogno, incontri tra corpi e fantasmi che si muovono in universi fatti di pura immagine e sperimentazione, difficili da decifrare, radicalizzarono il cinema americano con una visione artistica oscura e surreale in pellicole come "Blue Velvet" e "Mulholland Drive" e in televisione con "Twin Peaks": in tutto dieci lungometraggi, prodotti per tv e web e poi la pittura e il disegno, sempre terreno di studio del suo linguaggio visivo. Un regista visionario, che più di tutti indossa alla perfezione l’aggettivo «cult».