Nel Mar Mediterraneo sono presenti numerose navi militari e sommergibili russi, solcano acque internazionali e la Nato li tiene costantemente sotto controllo dal 24 febbraio 2022. Con manovre preparatorie in caso di attacco. Dal 23 ottobre al 6 novembre si è svolta la Dynamic Mariner, esercitazione a cadenza annuale, organizzata e condotta sotto la responsabilità del Comando marittimo della Nato (Marcom), con lo scopo di incrementare prontezza operativa, capacità al combattimento e interoperabilità tra gli assetti aeronavali delle Marine alleate. Quest’anno, le forze navali composte da 6.000 militari provenienti da 14 nazioni si sono riunite nel Mar Mediterraneo al largo delle coste italiane e contemporaneamente - tra il 30 ottobre e il 4 novembre - un particolare aereo da ricognizione dell’U.S. Air Force ha condotto due missioni di lunga durata e a lungo raggio che hanno abbracciato, nel complesso, quasi tutto il Mediterraneo.
Il «nuke sniffer» americano gli dà la caccia per cinque giorni
L’aereo è un WC-135R Constant Phoenix, soprannominato «nuke sniffer» perché specializzato nella raccolta di particelle radioattive nell’atmosfera. L’aereo, infatti, è stato progettato per monitorare gli esperimenti nucleari ed è dotato di particolari dispositivi e strumenti per il campionamento e l’analisi di particolato atmosferico. Il 4 novembre ha effettuato un volo di ricognizione cominciato nel Canale di Sicilia, al largo delle Tunisia, e proseguito nelle acque internazionali sino quasi ad arrivare allo Stretto di Gibilterra. Il WC-135R è in grado di abbassarsi molto sul mare e durante l’operazione ha mantenuto una quota di poco meno di 600 metri nel volo di andata verso lo Stretto e di 1.400 durante quello di ritorno al largo della Tunisia.
Lungo la rotta ha effettuato diverse virate, facendo ipotizzare che abbia seguito un sottomarino russo a propulsione nucleare lungo la sua rotta in uscita dal Mediterraneo. «I russi in Mediterraneo hanno un atteggiamento provocatorio che non si era mai visto nel passato. Era frequente nel Mar Baltico, ma da noi non c’era. Invece oggi sono anche molto aggressivi, con atteggiamenti ostili e questo può essere causa di un incidente, per esempio.
Un incidente tra due navi militari di due Paesi contrapposti non si sa dove può portare», è l’allarme sulla sicurezza dei nostri mari lanciato lo scorso 27 maggio dall’ammiraglio Enrico Credendino, capo di Stato Maggiore della Marina militare. «Il Mediterraneo – riflette l’ammiraglio - è oggi in equilibrio instabile per moltissimi fattori di crisi, dall’immigrazione irregolare al possibile terrorismo, fenomeni illeciti di varia natura, un grande riarmo in termini navali dei paesi della sponda sud. Poi c’è la flotta russa e questa è la conseguenza immediata della guerra in Ucraina per la nostra sicurezza: la presenza della flotta russa che non c’era. Abbiamo avuto fino a 18 navi russe in Mediterraneo, questo non rappresenta una minaccia diretta al nostro territorio, ma certamente aumenta la tensione». Credendino aveva sottolineato questa criticità già lo scorso febbraio: «Gli effetti immediati sulla nostra sicurezza della guerra in Ucraina si sono riverberati ancora una volta sul mare e sono l’aumento impressionante dei numeri della flotta russa nel Mediterraneo e nel Mar Nero a un livello che non si vedeva nemmeno ai tempi della Guerra fredda». E ancora: «Il numero di navi russe nel Mediterraneo - ha rimarcato - è cresciuto, un numero alto che non è una minaccia diretta al territorio nazionale ma aumenta tantissimo la tensione».
La Russia tra l’altro è tornata a esibire la sua forza testando un missile balistico intercontinentale in grado di trasportare testate nucleari, poco dopo aver revocato la ratifica del trattato che mette al bando gli esperimenti atomici. Un modo per far salire la tensione nucleare. Il lancio del missile russo Bulava, il primo in circa un anno, è stato effettuato nel Mar Bianco dal «nuovo sottomarino nucleare strategico Imperatore Alessandro III» di quarta generazione, ha annunciato il ministero della Difesa russo. Il missile ha colpito il suo obiettivo in un campo di prova nella penisola di Kamchatka, nell’estremo oriente russo. Il Bulava, codice SS-NX-30 nella classificazione Nato, ha una gittata di 8.000 chilometri e una lunghezza di 12 metri e può essere equipaggiato con dieci testate nucleari. E il sottomarino Imperatore Alessandro III, classe Borei, è equipaggiato con 16 di questi missili, secondo l’esercito russo. Una potenza di fuoco devastante che evidenzia il livello di minaccia atomica di cui la Russia è in possesso. E che conosce sempre meno limitazioni, smantellate pezzo per pezzo dal governo russo di Vladimir Putin. Giovedì scorso lo zar ha infatti promulgato una legge che revoca la ratifica da parte di Mosca del Trattato sul divieto totale degli esperimenti nucleari. Un accordo che non è mai entrato in vigore perché ratificato da troppo pochi Stati, nemmeno dagli Usa.