Roma - «Il rapimento di Emanuela Orlandi riguardò Renatino De Pedis a livello personale e non come Banda della Magliana», un sequestro in cui De Pedis avrebbe agito come manovalanza ma senza nemmeno sapere quale ne fosse il vero scopo. È la convinzione del pm Giancarlo Capaldo, a lungo titolare dell'inchiesta Orlandi, audito oggi in Commissione di inchiesta.
Capaldo ha parlato di Marco Accetti come di una figura «non facilmente liquidabile» e della sparizione quell'anno, il 1983, di un nuemero considerevole di ragazze. «Un approfondimento che non è mai stato fatto ma non si è voluto fare - ha detto -, è comprendere perchè solo in quell'anno sono scomparse a Roma 54 ragazze dell'età di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, ragazze che non sono mai ricomparse. L'ultima di queste scompare a fine luglio, poi a Roma quell'anno non sono scomparse più ragazze. Qual è la spiegazione? Non è mai stata fatta una analisi». I due casi, comunque, secondo l'ex pm, «possono essere trattati insieme con l'avvertenza che i responsabili potrebbero essere diversi».
Cruciali sono alcune dichiarazioni di Sabina Minardi, a lungo amante di Renatino De Pedis, «attendibile fino a quando non comincia a pasticciare le sue dichiarazioni per mettersi al riparo», ma anche dei riscontri poco noti. «La banda della Magliana non c'entra, c'entra Enrico de Pedis - ha detto Capaldo - ed è una notevole differenza, la vicenda Orlandi è una vicenda «personale» di De Pedis che aveva una vicenda personale con don Pietro Vergari, nata dalla carcerazione». La Minardi sarebbe stata dunque attendibile «quando racconta l'incontro improvviso con quella che poi ha capito essere Emanuela Orlandi, quando de Pedis le ha dato appuntamento al Gianicolo, per consegnarla a un personaggio lungo le mura aureliane. Questa circostanza è importante perché del tutto inaspettata».
Qui Capaldo ha riferito di un riscontro importante, quello dell'autista di De Pedis: «Uno di questi soggetti che avrebbero partecipato al sequestro è stato identificato in Sergio Virtù, autista di De Pedis, aveva con lui un rapporto personale completamente sconosciuto». Virtù era un personaggio «di un certo spessore, fu condannato da ben due sentenze ma non si è mai svolto l'appello per la sua capacità di corrompere organi della cancelleria del tribunale, era inserito in un contesto talmemte forte che riusciva persino a gestire le pratiche delle cancellerie romane, era una sorta di grande truffatore, era questo il motivo per cui lo aveva ingaggiato De Pedis, perché non sarebbe mai stato attenzionato».
Capaldo ha quindi ricostruito il filo rosso che legava De Pedis a don Pietro Vergari a sua volta legato al cardinale Poletti. «La presenza di De Pedis in questa vicenda non era perché la Banda della Magliana voleva ricattare il Vaticano, è di altro genere, è un'altra attività, non è che gestisce lui i rapporti col Vaticano». Il suo ruolo, piuttosto, era quello di «organizzare il prelevamento e il sequestro della ragazza e poi riconsegnarla a una persona non meglio identificata, De Pedis non sa neppure il perché del sequestro, De Pedis è da vedere come colui che ha organizzato sul piano materiale un servizio per qualcuno». «Non è che soltanto la Minardi che racconta questo rapimento - ha aggiunto - , avrebbe partecipato anche Marco Sarnataro, il padre dichiara di aver saputo dal figlio di aver partecipato al sequestro, una confessione fatta da Sarnataro al padre dopo che era stato ucciso il Faina. Sarnataro viene identificato anche da due amici della Orlandi». Capaldo tornerà in commisione giovedì prossimo per rispondere ancora alle domande della Commissione.