Lettere in redazione Ragusa

Giuseppe Leone, noi ragusani ci siamo sposati con lui

Il maestro Peppino Leone nel ricordo di Letizia Dimartino

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/17-04-2024/giuseppe-leone-noi-ragusani-ci-siamo-sposati-con-lui-500.jpg Giuseppe Leone, noi ragusani ci siamo sposati con lui


 Ragusa - Peppino Leone non c’è più. A 88 anni era un ragazzino nel viso e nella espressione curiosa e bella. Stava appoggiato alla porta del suo studio, piccolo e oscuro, in via Sant’Anna, quando passavo e mi fermavo, giovane io, attratta dalle sue foto in bianco e nero e dalla sua simpatia, la voce indimenticata, la velocità delle frasi, la gentilezza. Volle fotografarmi, insistendo, e rimasi esposta insieme alle nuvolette di nebbia che si alzavano dalle vallate ragusane, al treno nero nella controluce del mattino, al mandorlo in fiore con la magia di un giardino che poteva essere pure esotico ma era siciliano, alle donne col manto nero che camminano per le vie strette, e al bambino che guardava la macchina fotografica lungo le scale basolate, ai carrubi in gruppi o solitari, alle feste pasquali e agli uomini sudati dal volto sofferto e contorto. Era, è, il suo non colore, il colore degli Iblei e della pietra intagliata in mascheroni paurosi, in balconi e chiese ricciolute, delle nuvole del nostro cielo basso e spesso, un tempo,  oscuro. Ci siamo sposati, noi ragusani, con lui che si abbassava e rialzava nel ritrarci velocemente, lasciandoci album indimenticati. Ha amato tutto e tutti, bevendo la sua tazza di caffè con Enzo Di Pasquale, o con illustrissimi scrittori siciliani, nelle pose normali e distese, nei gesti che dicevano che la cultura è grande pure da seduti ad un bar o sotto un albero centenario. Il suo studio diventato come un museo, lui che non sarebbe dovuto morire mai. Lui che è stato tutto per noi: ci ha insegnato a guardare.  A tenerci accanto i volti rugosi e segnati dei massari, la povertà e il pane caldo, la fine di una giornata di lavoro pesante. Le femmine belle in sottane di seta nera e con le braccia sollevate nel gesto languido dell’amore. Era lui, Peppino. 

Letizia Dimartino

ph. di Emanuela Alfano


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