Modica - Gent.le Redazione,
mi rivolgo a tutti quei Sindaci che non hanno ancora adottato un “Piano del Verde Pubblico” e a chi dimentica a farlo.
Sento l’esigenza e colgo l’occasione dell’ennesimo dibattito pubblico che si è aperto tra amministrazione e cittadini, circa la questione dell’abbattimento di alberi avvenuta in questi giorni a Chiaramonte, di chiamarvi tutti quanti ad una riflessione profonda.
E’ da una frase del Sindaco Cutello che in una sua dichiarazione sull’argomento con spontaneità risponde “Alcuni sono secchi, molto vecchi, e verranno sicuramente abbattuti ma sostituiti, mentre altri saranno certamente salvati e messi a dimora altrove, anche se non è una specie che va protetta”, che vorrei partire per invitarvi a questa riflessione.
C’è una frase opportuna al caso e che Papa Francesco riporta nella sua Enciclica Laudato Si (una meravigliosa ode alla Natura rivolta a tutti gli abitanti della terra) che è quella di Gesù, nel Vangelo quando parla agli uccelli “nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio” dove il Papa esprime la necessità di riportare quella sublime fratellanza che Francesco D’assisi (che il Papa prende come esempio “bello e motivante” perché incarna la figura di una autentica ecologia integrale) seppe stabilire in maniera così luminosa con tutto il creato.
Ora la mia citazione prettamente religiosa nasce dall’esigenza che sento di non dover trascurare nessuna forma di saggezza, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio.
“Nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio” significa che ogni cosa del creato, compresa “Una specie che non è protetta” ha ragione di esistere sia esso un ligustro o un albero monumentale. Ma per capire questo bisogna allargare i propri orizzonti e la propria cultura dico io.
In un pianeta come il nostro dove l’86% della biomassa è composta da piante, lo 0,3% dagli animali e la restante parte dall’uomo, forse la visione antropocentrica che abbiamo impostato è sbagliata. E qui c’è chi ci spiega con la scienza quel che avviene; questa incapacità a percepire una così grande ricchezza di verde è dovuta al fatto che esso ci invia attraverso il senso della vista una quantità innumerevole di informazioni che non abbiamo la capacità di processare velocemente (poiché il nostro cervello è più lento), per cui selezioniamo gli stimoli mettendo in atto una disfunzione cognitiva chiamata plant-blindness (comune a tutti i popoli) che altro non è che l’incapacità di percepire le piante, semplicemente le ignoriamo.
Se a questo aggiungiamo il fatto che la loro struttura è organizzata in una maniera assai diversa da noi e ne ignoriamo il funzionamento, capiamo perché siamo portati a sminuirne il valore, la funzione e il diritto all’esistenza.
Chi non ne ignora l’importanza, ne conosce la struttura e il suo funzionamento sono senz’altro agronomi, biologi, botanici, periti agrari, giardinieri e architetti paesaggisti, che dovrebbero essere protagonisti nella gestione del verde pubblico. Un assessore al verde pubblico che non ha nozioni di botanica, biologia o agronomia non può mettere in atto delle strategie di conservazione, sviluppo e salvaguardia dell’ambiente che ci circonda perché non ha le competenze specifiche. Infatti quella che manca, motivo per cui spesso ci ritroviamo a leggere questi dibattiti pubblici dove si contestano scelte drastiche, è la cultura del verde.
Mi piacerebbe essere più profonda nel concetto, e dire che manca una sensibilità ambientale, ma per il momento mi soffermerò sulla cultura del verde.
Esiste già un Ministero dell’Ambiente e un Comitato del Verde Pubblico che ci suggeriscono quali siano le linee guida da intraprendere per una corretta gestione del verde pubblico. Le amministrazioni sono aiutate dal Comitato e monitorate nel loro operato se solo se ne interessassero. Ma assistiamo ancora a chi si pensa di saper gestire questo settore circoscrivendolo solamente ad alcune operazioni di scerbatura, di taglio di rami pericolosi e di qualche sporadica piantumazione di alberelli (così magari in occasione della festa dell’albero), relegando il settore solo ad azioni di necessaria utilità. Il settore è invece assai più ampio e ambizioso se solo lo si conoscesse, il verde urbano è molto di più! Una attenta e preparata gestione gioverebbe ad amministrazione e cittadini, una attenta gestione della risorsa pubblica alla prima e un ritorno in benessere psico-fisico a questi ultimi, senza parlare dell’arricchimento in bellezza e decoro che ne trarrebbero le nostre città.
Il Comitato del verde Pubblico ci suggerisce di dotarci per prima di un censimento del verde, meglio se con un programma gestionale georeferenziato, sviluppabile su più livelli.
Dapprima vanno individuate sulla mappa attraverso il satellite quali sono le aiuole e gli spazi già destinati a verde pubblico anche se incolti. Poi ad un livello successivo vanno inserite per ogni spazio le alberature presenti, infine il tipo di albero classificandolo, stimandone età, necessità di manutenzione, possibile pericolosità, necessità di trattamenti fitosanitari,ecc.
Una volta ultimato il censimento - ci vorrà un po’ di tempo questo è certo - l’assessore al verde potrà gestire dalla propria poltrona il lavoro, senza la necessità di fare sopralluoghi, poiché il programma gestionale gli offrirà la possibilità di stabilire un report con tutti gli interventi da mettere in atto. Già questo è un notevole risparmio, il lavoro non si tradurrebbe in interventi di urgenza ma interventi programmati e non sulla base di emergenze ma di necessità delle piante, in termini di stagionalità. Da qui la scelta sapiente di varietà che siano adattabili alle caratteristiche del suolo, del clima delle altre specie presenti o ancora in previsione di quelli che sono già i cambiamenti climatici in corso. Questa impostazione metterebbe le basi per un corretto funzionamento della gestione del verde a tutte le amministrazioni che si susseguirebbero. Vi immaginate l’ufficio urbanistica senza una pianta cartografica della città? Come si potrebbe lavorare non conoscendo il patrimonio immobiliare, l’allocazione, le caratteristiche, quali piani regolatori si potrebbero avere o sviluppare se alla base non ci fosse “conoscenza”? Chi non ha un piano del verde approvato adesso si trova a procedere a tentoni, senza avere neanche una piccola visione del patrimonio verde che possiede, anzi che possediamo perché stiamo parlando della casa comune, non dimentichiamolo.
Una volta dotati di un censimento bisogna stabilire un regolamento del verde pubblico e privato, questo interessa sia l’amministrazione che i cittadini. Questi vengono chiamati al rispetto di alcune regole di verde privato e invitati al contempo a mettere in atto giuste abitudini di gestione del proprio giardino. Ad esempio effettuare la potatura importante solo in alcuni periodi dell’anno, scegliere alcune specie da mettere preferibilmente a dimora, non estirpare alberature se non dietro autorizzazione del proprio comune che potrebbe reimpiantare in qualche spazio pubblico.
Naturalmente la stesura di questo regolamento viene redatto da professionisti del settore che individueranno i punti fondamentali.
A questo regolamento segue un Piano del verde, la parte più ambiziosa che prevede una strategia di sviluppo del proprio territorio in termini di incremento del verde in città e non solo, anche la periferia con i così detti corridoi verdi deve essere interconnessa. Qui la conoscenza del territorio e del suo patrimonio, le sue peculiarità, le sue ricchezze, le sue fragilità, rappresentano elementi utili e indispensabili per un corretto sviluppo.
Una cosa altrettanto importante è la partecipazione attiva e non diretta ( come qualcuno erroneamente la interpreta, con la semplice espressione di un si o un no) dei cittadini a tutto il processo di gestione del verde. Il cittadino infatti parteciperà fin da subito a questa rivoluzione, avrà accesso al programma gestionale georeferenziato collegandosi con il proprio smartphone sulla parte che concerne la presa visione del patrimonio verde censito con tutte le informazioni a riguardo e potrà rendersi partecipe segnalando eventuali criticità, in lui si accrescerà la consapevolezza di far parte di un progetto comune e la consapevolezza di possedere un patrimonio verde, mentre l’amministrazione avrà quanti più validi alleati.
Poi mettendo in atto le disposizioni del regolamento del verde, il cittadino è partecipe perché si occupa del suo giardino come gli viene suggerito, potando gli alberi solo in alcuni periodi dell’anno, così come andrebbe fatto, osservando ed eventualmente segnalando la presenza di malattie infestanti che potrebbero compromettere le specie vegetative vicine, scegliendo di mettere a dimora piante o arbusti che aumentino la biodiversità compatibilmente con il proprio territorio, piccoli e preziosi suggerimenti questi che ne amplierebbero al contempo la sua cultura del verde.
Infine il cittadino è ancora partecipe nella stesura del Piano del verde, perché oltre ad una strategia che parte da un attento studio di professionisti, c’è e ci deve essere la partecipazione attiva del cittadino a cui si da l’occasione di un confronto continuo con l’amministrazione perché molti di questi piani di sviluppo del verde urbano ed extraurbano partono dal desiderio che ogni abitante ha di vivere con più verde intorno a lui, esigenza che non andrebbe mai trascurata.
Oggi siamo abituati a considerare la cura della natura come una cosa da deboli, l’uomo è al centro del mondo e domina ogni cosa quando invece dovremmo esserne protagonisti ma come amministratori responsabili. La mancanza di preoccupazione per misurare i danni alla natura e l’impatto ambientale delle decisioni è solo il riflesso di un evidente disinteresse a percepire il messaggio che la natura offre in ogni sua struttura.
Occorre sviluppare un nuovo modello di relazione con la natura e qui la politica deve avere il coraggio di intraprendere la svolta di una ecologia integrale partendo da una diversa impostazione del rapporto uomo-natura. Altrimenti, continueremo a leggere identiche dinamiche di amministrazione del verde non condivisa poiché priva di qualsiasi cura per la casa comune.
La mia riflessione vuole essere un piccolo seme, che se arriva a germogliare, supererà tutte le altre piante dell’orto ma, se curato, diventerà albero.
Grazie.
Una piccolissima parte dello 0,001% della biomassa,
Emanuela Napolitano