Lettere in redazione Ragusa

La mia arancina

Il racconto di una nostra lettrice

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/21-03-2022/la-mia-arancina-500.jpg La mia arancina


Ragusa - Quando da casa degli zii a Vittoria si tornava a Ragusa i miei genitori, prima di imboccare “lo stradale” per Comiso, facevano tappa dal rosticciere e compravano le arancine per la cena. Sebbene siano ormai tanti anni che vivo nel milanese, devo ammettere che l’imprinting lasciato su di me dalla mia terra non si è affievolito e, periodicamente, riaffiorano profumi, tradizioni, ricordi.

Ho sotto il naso ancora vivo il profumo dell’arancina. La curiosità e il desiderio di rendere onore a questo prodotto tipico siciliano, mi hanno invogliato a fare alcune ricerche e considerazioni, per saperne di più e per condividerle.

Vi racconto quindi della mia arancina …. o arancino?
Scegliete voi come chiamare la succulenta pietanza perchè non è stata ancora risolta la prima diatriba che la riguarda, cioè la diatriba fra i fautori della declinazione del nome al maschile (parte orientale della Sicilia con l’eccezione di Ragusa) e coloro che preferiscono il termine al femminile (parte occidentale)

In teoria il nome dovrebbe essere formulato al femminile, in quanto l’arancina richiama per colore, là dove la forma preferita è a palla, l’arancia. Tuttavia, in siciliano, i frutti frequentemente seguono il genere maschile e nel caso specifico l'arancia viene detta arànciu; pertanto originariamente veniva usato il termine al maschile, cioè arancinu. Persino l’Accademia della Crusca è stata disturbata sull'argomento, la quale si è salomonicamente espressa per la correttezza di entrambe le diciture …. secondo me per non inimicarsi o scontentare nessuna delle due fazioni. Per comodità, ed essendo di Ragusa, io la declinerò al femminile.

Ma partiamo dall’inizio.
Stiamo parlando di una palla o di un cono di riso, a seconda della forma che più piace, che viene farcita al suo interno, impanata e fritta. L’arancina è farcita generalmente con ragù, piselli e caciocavallo. Alla versione originale si sono via, via aggiunte interessanti, ottime varianti. Sono nate quindi le versioni: al prosciutto cotto e mozzarella; al pistacchio; alle verdure (melanzane e spinaci, soprattutto) e persino versioni dolci con cacao o cioccolato, ma questi ultimi sono, per me, un deludente “accanimento terapeutico”.

Seconda annosa diatriba, come ricordavo pocanzi, è, quindi, la forma che si vuole dare all’alimento. Va precisato infatti che nella Sicilia orientale per le arancine è più gradita la forma conica simboleggiante l’Etna: tagliando la punta della pietanza appena cotta esce il vapore che ricorderebbe il fumo del vulcano, mentre la superficie croccante della panatura e il rosso del contenuto ne rievocherebbero la lava nei suoi due stadi, calda e fredda; in quella occidentale si predilige, invece, la forma ad arancia in quanto questo frutto è rappresentativo della zona e largamente coltivato nel territorio chiamato “la Conca d’Oro”.

Terza questione, altrettanto discussa, è l’origine dell'arancina. Non si hanno certezze quindi, si ritiene, data la presenza di zafferano nella pietanza e viste le profonde influenze arabe, di orientarsi verso la provenienza saracena. La cultura Araba durante la dominazione in Sicilia (dalla fine del IX secolo, alla fine del XI secolo) si è integrata con la cultura dell’isola e ne ha rivoluzionato la cucina introducendo alimenti fino ad allora sconosciuti come riso, sesamo, arance, fichi d’India, pistacchi. Nel Medio Evo sarebbe stata introdotta nell'isola l'usanza di consumare riso e zafferano condito con erbe e carne.

L'introduzione della panatura pare risalga, invece, a quando, a regnare, era Federico II di Svevia (gli Svevi altri dominatori in Sicilia). Intorno al 1100, con la panatura, trovarono il sistema per portare la pietanza con sè durante viaggi e battute di caccia (praticamente le prime schiscette). La croccantezza, infatti, assicurava un'ottima conservazione del riso e del condimento, oltre ad una migliore trasportabilità. Si è supposto che, inizialmente, l'arancina fosse prevalentemente utilizzata come cibo da asporto, specialmente tra coloro che lavoravano in campagna. Praticamente l’arancina fu la “precursora” dello street food.
Oggi l'arancina è considerata il prodotto di rosticceria più caratteristico dell’isola e quasi tutte le grandi città siciliane ne rivendicano la “maternità”. Inoltre, grazie al fenomeno della emigrazione di siciliani all'estero, si è realizzata la diffusione di questo prodotto nel mondo; abbiamo fondato rosticcerie nei luoghi in cui ci si siamo stabiliti non rinunciando a portare con noi i prodotti tipici della regione.
Mi piace ricordare che anche nella letteratura appaiono diversi riferimenti a questo prodotto gastronomico: per citarne uno famosissimo, il personaggio dei romanzi di Andrea Camilleri, il commissario Montalbano, nella finzione letteraria noto estimatore di questo piatto, è il più popolare tra essi e la prima raccolta dell'autore siciliano dedicata al detective è intitolata ‘Gli arancini di Montalbano’. Nel romanzo l’autore esalta la passione del commissario per tale pietanza, che lui declina, però, al maschile. Pazienza.


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