Modica - Abitare in modo diverso la città. Obiettivo: abbandonare la vita frenetica a cui il vecchio modello di urbanizzazione ci ha abituati e ricercare un rapporto nuovo con la natura attraverso una ecologia più profonda.
Da diversi anni vivo a stretto contatto con un angolo di paradiso dove la natura è protagonista e dove mi ricorda continuamente, per me che la osservo, quanto straordinaria sia.
Dalla trazzera (strada bianca) su cui la mia abitazione si affaccia in tanti - turisti soprattutto - sono transitati, e in tanti hanno voluto scambiare con me una parola per lasciare un apprezzamento per la spettacolarità e naturalità che questo posto ancora conserva e per manifestarmi la curiosità di che cosa comporti l’abitare in questo modo, lontano dal concetto di una città delimitata e circoscritta.
Arrivano qui e scoprono che c’è qualcosa di importante e significativo che li interpella: un’altra qualità della vita, di rapportarsi agli altri, di dare un significato diverso alle cose, di rapportarsi diversamente con la natura.
Sempre più persone negli ultimi anni hanno deciso di trasferirsi in territori dominati dalla natura e dal silenzio, abbandonando le città metropolitane che non sanno più rispondere alle necessità dell’uomo alla ricerca di una rigenerazione e ricerca di se stessi per ricominciare.
Spesso sono persone con un background di esperienze abbastanza elevato, che scelgono di reinventarsi, sperimentando nuove forme di lavoro, di socialità, di reinventare il territorio scegliendo di riabitare luoghi dismessi o abbandonati offrendo spesso nuovi scambi culturali con il tessuto del luogo in cui scelgono di passare gran parte dell’anno o di trasferirsi.
Quei vuoti di territorio non urbanizzato che essi cercano e quei silenzi tra la natura, vanno interpretati diversamente non come dei vuoti, ma come dei “pieni”.
Tutto ciò che manca nelle nostre città contemporanee è proprio la costituzione di questi “pieni” cioè l’inserimento di proporzionate reti naturali urbane che permettano di ristabilire il primordiale contatto con la natura che abbiamo perso.
È un modo diverso di concepire l’urbanità, dettato da esigenze che se sapute ascoltare rappresentano segnali significativi e rivelatori di nuove forme di abitare che rappresenterebbero un modello valido su cui costruire le città del futuro.
Oppure di concepire un concetto nuovo di ri-uso delle città esistenti. Reinterpretando la dove è possibile, l’intero territorio comunale con scenari di sviluppo differenti, basati sul minor consumo di suolo e partendo dai territori più fragili, le periferie, per inserire elementi di forestazione e implementazione di ecosistemi naturali nuovi o rigenerati grazie a strumenti di pianificazione che abbiano il coraggio di apporre dei vincoli di salvaguardia ambientale dettati però da una progettualità.
Ingegneria ambientale, è di questo che dovremmo occuparci quando pianifichiamo gli strumenti di governo del territorio. Essa è capace di trovare il giusto equilibrio tra uomo e natura in un rapporto sostenibile.
Oggi la Strategia nazionale per il verde urbano detta sapientemente le linee di intervento per preparare le nostre città ad essere resilienti e adattabili ai grandi cambiamenti climatici oltre che demografici a cui stiamo andando incontro.
Già tantissime città italiane, e ogni giorno se ne aggiungono, stanno adottando i criteri base su cui sviluppare le linee di intervento suggerite dall’Unione Europea e adattate al nostro territorio nazionale. Una di queste è l’adozione di un piano del verde di cui molte città si sono dotate per non farsi cogliere impreparate nella pianificazione futura dei loro territori, pronte a recepire numerosi finanziamenti del PNRR mirati al raggiungimento di uno degli obiettivi di agenda 2030, che è proprio l’obiettivo n.11 “città e comunità sostenibili”.
Allontanarsi dai vecchi modelli di organizzazione territoriale e pensare a nuove forme di urbanità allargata in cui la natura entri a farne parte integrante sembra essere la nuova forma di rigenerazione urbana cui rivolgersi, e il nostro territorio è pieno di frammenti di paesaggio che attendono una nuova identità: è il paesaggio degli spazi abbandonati, dei margini infrastrutturali, dei siti inquinati.
Reinventare la dimensione urbana a partire dai vuoti significa invertire le scelte di pianificazione territoriale a cui siamo abituati, il tema del suolo specie quello inedificato diventa cardine di una profonda revisione necessaria delle politiche urbane e ambientali.
I vuoti che generano “naturalità diffusa”.
Emanuela Napolitano