Roma - I sorrisi fulminati in una paresi triste, quella di chi non si aspettava che la malattia si portasse via così Antonello Fassari, l’attore e regista romano morto quattro giorni fa a 73 anni. Davanti alla Chiesa degli Artisti dove ieri è stato celebrato il funerale, tutte le facce degli attori che hanno recitato al suo fianco, dai Cesaroni a Romanzo criminale, sono perse. Lo sprint della battuta a cui ci hanno abituati: smorzato, struccato, come gli occhi di Lucia Ocone. E come Claudio Amendola che confessa il suo affetto pieno di stima. «Era l’unico col quale avrei voluto invecchiare», dice sugli scalini, poco lontano dalla bara dove campeggiano fiori gialli e rossi e su cui verranno posati due oggetti simbolo. La sciarpa della Roma e il grembiule dell’oste della Garbatella più famoso della tv che Fassari aveva reso celebre. Quello zio Cesare, amico fidato, su cui puoi sempre contare, che è sinceramente contento per i tuoi successi, che ti fa sentire compreso.
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Ieri al funerale c’erano amici e colleghi del piccolo schermo. Da “Ezio Masetti”, Max Tortora, “Rudi”, Niccolò Centoni, ad “Alice”, Micol Olivieri, “Marco”, Matteo Branciamore. C’era soprattutto un’intera generazione di attori romani. Da Enrico Montesano, Massimo Ghini ed Enrico Brignano, che ha ricordato «una persona fantastica con cui ricordo lunghe notti a parlare di soffritto e filosofia sotto il cielo stellato del Marocco dove abbiamo girato insieme “Il bambino di Betlemme”», a Cinzia Leone, Edoardo Leo, Ricky Memphis, Roberto Ciufoli che ha faticato a comporre i ricordi a parole, Andrea Perroni. E poi ancora tanti altri, tra comici, attori e conduttori che hanno incrociato la loro carriera con l’oste Cesare, o il rosso Antimo o il Puccio de I ragazzi della Terza C, fino a Ciro Buffoni di Romanzo Criminale. Trasversale, popolare e curioso anche e soprattutto quando c’era da inoltrarsi nell’underground con una personalissima passione per il rap. Come quando diresse Piotta nel film “Il segreto del giaguaro” o nella puntata dei Cesaroni “Tu musica divina”, dove compare una canzone proto-rap scritta di suo pugno nel 1984, “Roma di notte”, che viene usata per mettere su una battaglia farsa tra Cesare Cesaroni e i Flaminio Maphia.
Impossibile non notare ieri la ex moglie Maria Fano e la figlia di Antonello, Flaminia Fassari. Tutte e due con gli occhi gonfi di pianto nascosti dietro gli occhiali scuri. L’attore dopo la dolorosa separazione aveva ritrovato l’amore con Lorella, una relazione che aveva protetto da indiscrezioni e gossip. «Tutte le cose belle restano per Lorella e Flaminia», ha detto ieri Amendola. «Ho un po' la stessa sensazione che ho avuto qui 24 anni fa quando è andato via papà», ha aggiunto commosso.
«Io volevo andarci al cinema insieme da vecchio, farci tardi il venerdì sera con un bicchiere di vino, o delle belle uova al tegamino come in una memorabile scena con quel genio di Fantastichini nel mio primo film», spiegava ancora ieri un Amendola molto commosso. E chi non avrebbe voluto accanto quel sorriso sornione che sospirava: «Che amarezza!» (citata anche ieri dal parroco, don Walter Insero), con cui mettere un punto su un cruccio, uno sgarbo, un pallonetto disobbediente della vita. Tutti. E glielo hanno detto ieri coprendogli la bara con il grembiule bordeaux di Cesare.