Roma - Uno spettacolo dedicato agli uomini.
Caterina Guzzanti porta a teatro “Secondo lei”, il primo testo in prosa e la prima regia teatrale della più piccola della famiglia Guzzanti. Una visione dell'uomo che la donna ha avuto per anni e anni. «Noi pretendiamo che gli uomini siano forti e rassicuranti, affidabili e sensibili, ambiziosi ma fedeli, passionali e mai volgari, lavoratori e casalinghi, leali, presenti, padri ma non mammi, giocosi e virtuosi, sempre aperti all’ascolto. In una parola, donne». E le donne che non riescono a essere così «si autocolpevolizzano e vengono colpevolizzate, e che restano sole, anche se sono in coppia».
Al Secolo XIX Caterina spiega anche perché queste donne, però, non riescono ad andare via, spezzare questa coppia: «Mi premeva raccontare questo: il modo in cui ci obblighiamo a stare insieme, perché a un certo punto, dopo averne provate tante, sentiamo che il destino ci ha mandato la persona giusta e allora quella persona non la non la molliamo neanche se è un serial killer.
Perché ci sentiamo incompleti, insoddisfatti, perché siamo spaventati e pensiamo che da soli non ce la facciamo. Noi donne soprattutto. Autonome sì, sole mai, per carità». Venticinque anni di carriera appena compiuti e cominciati per caso, a 21 anni, quando sua sorella Sabina le propose di partecipare al “Pippo Kennedy Show”, sulla Rai. Un bel viaggio che ora Caterina continua a teatro. E «questo spettacolo è zeppo della mia vita». Una storia vissuta anche con un uomo impotente. Perché "Secondo lei" racconta questo, una coppia che non riesce a fare sesso: lui è impotente, lei invece lo desidera. E a Caterina questa cosa è successa per davvero e al Secolo XIX racconta che «mi vergognavo a dire: scusa, amore, ma io vorrei ogni tanto scopare. E siccome dall’altra parte non venivo ascoltata, da un certo momento in poi ho cominciato a sentirmi sporca». Insomma gli uomini giudicano le donne. «Per loro, una donna deve essere disponibile a fare sesso, ma non deve chiedere di farlo. Non so se è un pregiudizio che abbiamo noi o la proiezione di un’aspettativa, ma so che il dubbio che se vogliamo fare l’amore, allora non siamo degne, siamo un po’ sbagliate». Quando ha scritto questo spettacolo Caterina Guzzanti si è messa dalla parte dell'uomo. «E mi sarebbe piaciuto interpretare lui anziché lei, perché lei l’ho già interpretata nella vita, e mi sono rotta, ma soprattutto perché sono affascinata dalla innocente cecità e disperazione di un uomo che non può affrontare qualcosa che i suoi geni e la sua indole animale non vogliono affrontare». Poi ancora: «Volevo rappresentare il vivere al di sotto dell’amore, una coppia che vive in una casa bellissima ma che sta sotto al pavimento. Che si nasconde».
Ha capito cos’è l’amore? La domanda del collega del Secolo XIX trova la risposta pronta dell'attrice: «No. Ma penso che sia amore quando non sono con mio figlio e sento che sto sbagliando. Lo so, è una cosa schifosa da dire». Diventare madre l'ha resa «insicura. Non ansiosa, ma timorosa di trasmettere a mio figlio i miei traumi, le mie paure». Caterina parla anche del desiderio di avere una famiglia: «Da sempre la voglio, pur avendone avuto una molto sgangherata. Con un padre e una madre che si sono separati appena sono nata. Tutte le volte che ho chiuso una storia, la difficoltà più grande per me è stata non vedere gli amici e i genitori del mio ex».