Sono i Maneskin i vincitori della 71° edizione del Festival di Sanremo. Quattro ragazzi vestiti Etro con volant e bustier rosa, body trasparenti con ricami, jumpsuit di tulle ricamato con cristalli. Ogni sera lo stesso look declinato con impercettibili differenze su ciascun componente della band, senza distinzione di genere. Alle quattro del mattino nelle storie Instagram il frontman Damiano David, 22 anni, con gli occhi stropicciati dalle lacrime di gioia e soddisfazione per la vittoria (perché sì, "boys DO cry") ringrazia. "Abbiamo cambiato proprio le regole. Grazie".
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Maneskin in duetto con Manuel Agnelli
Quella dei Maneskin non è solo la vittoria di un giovane gruppo del rock italiano. E' sintomo del bisogno di cambiamento. Il fatto che sia avvenuto sul palco dell'evento italiano tradizionalista per eccellenza è di per sé una rivoluzione. Quei quattro ragazzi parlano di uguaglianza, come fa Francesca Michielin regalando a Fedez il proprio mazzo di fiori, che lui tiene fiero tra le mani con le unghie smaltate. I Maneskin parlano di uguaglianza e lo fanno col mezzo più potente di cui dispongono: la propria immagine. E' Nick Cerioni lo stylist dei Maneskin, lo stesso professionista che durante questo festival ha curato l'immagine di Achille Lauro in Gucci e l'adorata Orietta Berti in GCDS. Gli abiti della band vincitrice riflettono una generazione che non vuole stare "zitta e buona". Anche se la gente parlerà.
Mahmood con abito Burberry
Questo Sanremo non verrà dimenticato facilmente. E' la prima edizione che va in onda senza pubblico per dare spazio allo spettacolo, ferito dalla pandemia e abbandonato dalle istituzioni. Uno show che sposta automaticamente la conversazione da Rai Uno ai profili Instagram dei cantanti perché sotto quei riflettori non c'erano solo artisti, ma anche messaggi importanti veicolati da abiti altrettanto potenti.
Achille Lauro e le sue dediche alla musica, rese possibili da Gucci e dal lavoro insieme a Nick Cerioni.
Mahmood in un abito con gonna plissettata Burberry, che per Fiorello è talmente difficile da capire che lo colloca a "Sanremo 2030", senza rendersi conto che ad essere lontano dieci anni dal presente non è Mahmood, ma se stesso, bloccato nel passato.
Madame in tailleur Christian Dior
Madame, intelligente e giovanissima, che porta sul palco insieme all'altrettanto giovane e talentuoso stylist Simone Furlan, la realtà delle donne di oggi a cui dà "Voce" con la sua canzone. Donne che in tailleur Dior sposano se stesse e i propri sogni. Ed è proprio di sogni che la cantante Elodie parla nella seconda serata, avvolta da un abito di Giambattista Valli che la stylist Ramona Tabita ha pensato per lei. Elodie ci ricorda quanto sia difficile essere giovani, con la pressione del tempo "rubato", intenti a capire con affanno chi si vuole diventare. Giunge come una carezza di conforto il messaggio che tutti meritiamo un momento importante nella vita. Che va riconosciuto, concesso a se stessi. Che bisogna farsi coraggio per andare contro la paura di non sentirsi all'altezza. Perché "l'altezza è un punto di vista e non un problema".
Un monologo lontanisismo da quello di Barbara Palombelli, pronunciato due sere più tardi. La giornalista parla di "donne vere" che hanno conquistato diritti che le nuove generazioni devono difendere "con il sorriso". Di studio e impegno "fino alla lacrime", senza riconoscere che esistono privilegio e disparità, persone, donne che devono lottare più di altri per ottenere gli stessi sogni. Come ricorda con precisione e consapevolezza Elodie.
Questa peculiare edizione di Sanremo ha portato sul palco donne, uomini, giovani con idee e valori contemporanei che stridono con tutti ciò che Fiorello e Amadeus rappresentano. Che sia arrivato il momento di un cambio di guardia anche al Festival di Sanremo? Riusciremo mai ad avere una presentatrice, non la "donna vera" di Palombelli, ma una donna che vive nell'evidente disparità del presente e lotta con fatica, sacrificio e rabbia (non con quel "sorriso") per affermare il proprio posto?
La vittoria dei Maneskin, nonostante abbiano "solo vent'anni", rappresenta la speranza di vedere presto sul palco dell'Ariston non solo artisti, ma anche presentatori e presentatrici pronti e pronte "per lottare, per cercare sempre la libertà".