Chiaramonte Gulfi - Carri allegorici. Già soltanto queste due parole evocano lo spauracchio della polemica. Abbiamo deciso di intervistare uno dei protagonisti degli anni d’oro del carnevale di Chiaramonte: negli anni ’90 è stato un costruttori di carri, insieme ad un gruppo di pionieri che ha reso famoso il carnevale di Chiaramonte in tutta la provincia e forse anche oltre. Perché ad un certo punto quest’arte non è riuscita a sopravvivere? Che cosa è successo? Parla Gabriele Cugnata.
Quanto tempo hai lavorato ai carri?
“Avevo solo 13 anni quando ho cominciato a collaborare per la realizzazione dei carri allegorici. Mi ricordo che andavo a Piano dell’Acqua con il mio Piaggio Bravo anche sotto la pioggia e a volte anche con la neve ma la voglia di realizzare e creare una nostra creatura, perché così li chiamavamo, era così grande che non ci faceva paura nulla. Ho continuato a creare i carri per circa 20 anni e di anno in anno sempre con lo stesso gruppo. Ognuno di noi aveva mansioni diverse: c’era chi si occupava delle parti meccaniche, chi si dedicava alla struttura in ferro, chi modellava i tondini, chi preparava la cartapesta. Ognuno di noi aveva un compito. Eravamo molto organizzati, c’era addirittura chi si occupava di procurare da mangiare”.
Quante persone eravate?
“I creatori eravamo più o meno sempre gli stessi: una quindicina in totale, ma gli sfilanti variavano di anno in anno”.
Quali sono stati i carri che avete realizzato?
“Il nostro primo carro fu una botte di vino che girava senza l’ausilio di parti meccaniche ma grazie a uno di noi che stava all’interno. Che follia! Man mano che passavano gli anni, abbiamo introdotto nuove tecniche di lavorazione per accorciare i tempi di realizzazione e allo stesso tempo raggiungere qualcosa in più e dare un tocco di innovazione al carnevale dell’anno in corso. Per noi ogni anno era una sfida, intesa naturalmente come una scommessa con noi stessi. Volevamo sempre dare di più e lo dimostra il fatto che ragazzi poco più che adolescenti riuscivano a divertire tutti i cittadini. Dal mercoledì delle ceneri si cercava già un’idea brillante sulla quale abbozzare una struttura, si mettevano le proposte su un tavolo e si sceglieva quella fattibile e più bella e attinente a momento storico in corso. Ricordo con estrema chiarezza che quando realizzammo il carro “Se la natura”, il sottoscritto portò sul tavolo delle riunioni una bozza fatta a scuola, su un foglio millimetrato. Quello fu l’anno in cui si era bruciata la nostra pineta e il carro rappresentava dal prospetto frontale la meravigliosa natura con cascate, fiori e montagne e il retro, invece, la malvagità dell’uomo. Un carro fiabesco e allo stesso tempo contemporaneo, forse il più ricco di significato che io abbia mai realizzato. Quell’anno la giuria non capì a fondo il significato di quel carro ma per tutti i chiaramontani fu il più bel carro di tutti i tempi. Ancora oggi se ne parla. Poi, abbiamo realizzato carri di tutti i tipi: il circo, i giullari, i messicani, braccio di ferro, Alice nel pese delle meraviglie, i Simpson, i pompieri…I carri erano sempre più grandi fino al punto da sfiorare i millimetri per passare sotto i ponti o girare in piazza. Gli ultimi anni erano addirittura assemblati in modo che si potessero smontare per passare e poi una volta superato il ponte o girato in piazza si rimontava. Furono gli anni più belli. Gli anni in cui eravamo fieri di essere chiaramontani. Eravamo noi gli eroi del carnevale”.
Cos’è successo dopo? Perché non avete più fatto carri?
“Sentivo sempre dire ai nostri politici: l’amministrazione è riuscita a portare il carnevale ad alti livelli. Grazie alla mia politica siamo arrivati fin qui. Ad un cittadino fa piacere sentire elogiare il proprio Paese e le proprie amministrazioni peccato però che proprio in quegli anni non c’erano politici di larghe vedute perché se così fosse stato oggi non ci ritroveremmo in queste condizioni pietose. Tutti i creatori di carri avanzavano delle proposte valide affinchè il nostro carnevale, all’apice del successo, avesse ancora riscontri in turismo, qualità dei carri e partecipazioni alle sfilate allegoriche. Qualcuno di noi aveva suggerito di fare una scuola dove poter imparare nuove tecniche, qualcun altro suggerì l’ipotesi di costruire nuovi locali più comodi e sicuri. Io avanzai la proposta di fare un museo del carnevale dove poter conservare i pezzi più laboriosi di ogni carro con rispettive foto. Si parlava pure di rivisitare la serata da ballo e la sagra della salsiccia. Proposi di organizzare una serata con l’invito a qualche gruppo di brasiliani sul palco, con un bravo presentatore e la promozione della maschera più bella in piazza. Erano tutte cose abbastanza semplici e fattibili. Ma tutte le amministrazioni sono state cieche e senza prospettive”.
Che cos’è successo secondo te oggi e perché i carri sono in declino?
“I motivi sono vari: il primo, l’impegno a tempo pieno per il mio lavoro, secondo è l’assenza di motivazione per fare un carro dato che poi i meriti e le lodi vanno solo alle amministrazioni correnti. Il terzo è che non mi va di investire i miei soldi per i carri, il quarto è che da solo non potrei far nulla dato che tutti gli altri non hanno più voglia di fare e il quinto e ultimo ma non per importanza è che non mi va di creare avendo alle spalle vecchie politiche. Ho imparato anche grazie ai carri che nella vita si deve crescere e se io devo continuare a creare carri ho necessità di vedere una politica cresciuta, elevata e ricca di valori, potenzialmente valida. Non sono abituato a disprezzare il lavoro degli altri perché non è giusto ma già da anni cerco una valida giustificazione a ciò che è successo e non la trovo. Penso seriamente che il carnevale dei tempi d’oro non potrà più tornare. Però credo che volere è potere. A buon intenditore poche parole”.