Cultura Fumetti

Corto Maltese in viaggio verso Scicli

Sul Venerdì di Repubblica in edicola oggi un articolo di Piero Melati sulla mostra che in settembre arriverà a Scicli

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Ci hanno messo sei anni (2004-2010) Marco Steiner, lo scrittore, e Marco D'Anna, il fotoreporter a viaggiare sulle rotte di Corto Maltese, l'avventuriero dei fumetti creato nel 1967 da Hugo Pratt.

Europa, Asia, Caraibi, America del Sud, Etiopia. Hanno dato vita a un reportage giornalistico: andare nei luoghi di Corto per raccontare oggi posti e personaggi immortalati dal maestro. Bilancio?

Dice Steiner: «Leggere una storia di Corto può divertire, intrigare, stimolare.

Ma fare un viaggio per seguirla può rendere felici».

In Etiopia, ad Harar, la città dei 99 minareti, c'è la casa di Rimbaud. Finta, come la tomba di Walter Benjamin a Portbou. Un museo. Costruito sul tugurio dove il poeta visse per una parte di quei tredici anni nei quali, prima di morire, si lasciò alle spalle Verlaine e la poesia. Non distante c'è Lalibela, la Gerusalemme nera, città delle chiese al rovescio. Vestigia cristiane scavate nella roccia, per nasconderle ai musulmani. Una, quella di San Giorgio, incassate per tredici metri nella pietra, è gravida di simboli templari.

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Con un salto, sempre nel buio, i due autori del reportage sono a Buenos Aires, nel palazzo metafisico di Avenida de Mayo, dedicato a Dante Alighieri, considerato il miglior esempio moderno di «architettura esoterica», alto cento metri come i cento canti della Commedia, finanziato dall'industriale tessile italiano Luigi Barolo. Nei vicoli di San Telmo, nel barrio Costituciòn, risuona il tango, ritmo della fatalità.

In una milonga si beve un 7° Regimiento e si mangiano empanadas mentre i ballerini si scambiano il cabaceo, il tacito invito. «Il tango» dice il maestro Enrique Santos Discepolo agli autori «è un pensiero triste che si balla».

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La Manciuria è un angolo di Cina incastonato tra la steppa siberiana, i deserti mongoli, le foreste coreane. Corto ci ha passato la giovinezza. E ha conosciuto un giornalista che, il 7 gennaio del 1904, si imbarca a San Francisco sul Siberia, diretto a Yokohama, Giappone. Festeggia a bordo i suoi 28 anni. Si chiama Jack London e, a differenza degli altri «avvoltoi» (come venivano definiti gli inviati di guerra), voleva documentare il conflitto tra «il nano nipponico e il gigante europeo» con una macchina fotografica anziché con la penna. Nel 1894  la battaglia cino-giapponese sul fiume Yalu era già stata descritta dagli inviati mentre bevevano whisky all'Imperial Hotel di Tokyo. Ma lui non ci sta. E’ già stato cercatore d'oro nel Klondike, cacciatore di ostriche nella baia di Frisco, guidatore di slitte in Alaska. London salta su un treno alla volta di Kobe. Cerca di imbarcarsi per la Corea, viene arrestato come spia, deve intervenire il ministro americano Lloyd Griscom per farlo liberare, si imbarca su un vapore, viene riarrestato, compra una giunca, salpa verso il Nord del Mar Giallo. L'11 febbraio è a Chemulpo, da lì segue a cavallo la prima armata giapponese. Sui monti Changbaishan, estremo oriente siberiano, luogo sacro della dinastia manciù, oggi una Disneyland ecologica per turisti, si acquatta con i fucilieri giapponesi, quando i cosacchi caricano a cavallo. Le sue foto sono le prime ad arrivare a San Francisco e a finire sui giornali.

Rotta sui Caraibi. A Paramaribo, Guyana olandese, dove Pratt ambienterà Il segreto di Tristan Bantam, Corto Maltese viaggerà per mare sulla base di una mappa del 1750 tracciata sulla pelle di un francescano scuoiato dagli indios jivaro.

I portoghesi cercarono qui le mitiche città dell'oro. E Lope de Aguirre, nel gennaio del 1561, fece a pezzi il suo comandante, Pedro de Ursua. Ammutinamento. Navigherà il Rio Negro, scoprendo il collegamento tra Rio delle Amazzoni e Orinoco. Diventerà imperatore dell’Amazzonia, precorrendo Kurtz, il personaggio conradiano di Cuore di tenebra descritto in Apocalypse Now. «Bisogna essere amici dell'orrore» reciterà Marlon Brando nel monologo scespiriano del film di Coppola. Gli indios, otto milioni prima della conquista portoghese, sono oggi meno di duecentomila.

 

Transiberiana, sette mila chilometri tra Pechino e Mosca, percorsi a cavallo nel 1245 dal frate Giovanni da Pian del Carpine e dopo di lui da Guglielmo di Rubruck. Apriranno la strada a Marco Polo.

Nella patria di Gengis Khan, nel febbraio del 1921, il barone Roman von UrgernSternberg guida 50 guerrieri tibetani sulle colline che sovrastano la città di Urga.

Massacra le sentinelle cinesi con frecce intinte nel veleno. Libera il santo Bogdo Gegen, poi prende la città. il santo lo nomina «Urgern Khan» e gli dona l'anello di rubino con la svastica che era stato di Gengis. «Non c'è morte per gli eroi» gli dice. L'ex cosacco fonda la Cavalleria Selvaggia, un ordine militare buddista. Sogna, come Tamerlano, di ristabilire il dominio asiatico. Muore, racconta Pratt, cavalcando da solo contro il nemico.

 

Il grande male. Una ferita aperta in Armenia si riverbera a Venezia. Sul monte Ararat novemila soldati romani convertiti al cristianesimo sono massacrati dall'imperatore Adriano perchè, dopo aver fermato il nemico, si rifiutano di sacrificare agli dei. Ne1 1511 il priore di Sant'Antonio al Castello, Francesco Ottoboni, li sogna in processione: fermano la peste. Carpaccio li celebrerà nel dipinto oggi esposto nelle Gallerie dell’Accademia.

 

Mentre Corto, lasciata Samarcanda, andrà a scoprire a Dublino il sito megalitico di 3200 anni fa, 600 anni più vecchio delle piramidi di Giza. Perdendosi poi in un altro sogno tra le «corti» di Venezia.

 

 

 

 

 

 

 

 


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