Scicli - Il ragazzo nella foto di copertina è l’apostolo Filippo nel film “Il Vangelo secondo Matteo” di Pierpaolo Pasolini.
L’uomo con me e il professore Paolo Nifosì, nella foto successiva, è la stessa persona, oggi.
Si chiama Giorgio Agamben, è un filosofo di fama mondiale, allievo di Heidegger, amico di Pasolini, Agamben è stato definito dal Times e da Le Monde “uno dei dieci pensatori più importanti al mondo”.
Il professore da dodici anni ha casa a Scicli.
Con molta umiltà dico di avere avuto un piccolo ruolo in questo suo radicamento a Scicli, quando, avvertiti dall’amico comune Piero Guccione, per un pomeriggio intero, io e l’allora sindaco Giovanni Venticinque lo cercammo per mari e per monti, salvo arrenderci e prendere infine un latte di mandorla con uno sconosciuto al Millennium di piazza Municipio.
Di Agamben conoscevamo tutto, tranne il volto. Accadde che mentre parlavamo con questo personaggio curioso della città, io ebbi l’intuizione di cercare sul mio Iphone il viso di questo filosofo introvabile, di cui Piero ci aveva dato notizia e di cui era vecchio amico. Mentre una mosca si suicidava nel suo bicchiere di vino bianco, vidi apparire nel mio cellulare il volto della persona con cui stavo parlando di “Ciuri Ciuri”, “Vitti na crozza” e “Romagna mia”.
Oggi, dopo 12 anni, Giorgio Agamben ha pubblicato un nuovo libro, di poesie e diario minuto, “Quel che ho visto, udito e appreso”, e ha dedicato questa poesia alla sua Scicli: “A Scicli, ho visto le pietre che sono più tenere della carne e la paglia più luminosa del sole. Che la Madonna sale a cavallo e infilza con la spada gli infedeli. E che, sull’Acropoli, la chiesa di San Matteo aspetta qualcosa che non potrà mai avvenire”.
Grazie professore.