Chiaramonte Gulfi - Ha soli 25 anni, ma possiede un curriculum di tutto rispetto. E’ giovane, ma ha fatto già tantissima strada ed è stato scelto personalmente dallo chef Carlo Cracco, insieme ad altri 12 giovani promesse della cucina di tutta Italia, come ambasciatore del gusto per promuovere i prodotti tipici lombardi. E’ Antonio Colombo, modicano, diplomato nel 2010 all’istituto alberghiero, oggi chef responsabile della pasticceria per il ristorante “Locanda Gulfi” di Chiaramonte. Il suo piatto è “L’uovo di Colombo”, un dolce originale e accattivante che porterà un po’ di Sicilia ad Abbiategrasso. Ma chi è Antonio Colombo? Nonostante la sua giovanissima età, ha già collezionato numerosi riconoscimenti e ha lavorato con alcuni dei maggiori chef d’Italia e non solo. Eppure Antonio Colombo ama definirsi “Un ragazzo gioviale e semplice”. E in effetti lo è. La sua prima passione, la pasticceria, non ha condizionato la sua carriera dietro ai fornelli. Ci accoglie nella bellissima cucina a vista del ristorante “Locanda Gulfi” e ci mostra orgoglioso il suo posto di lavoro, il luogo dove passa le sue giornate a contatto con lo chef Giuseppe Causarano e agli altri componenti del team. E’ qui che prepara, spiegando tutto con dovizia di particolari, il suo “Uovo di Colombo”. E allora, abbiamo colto l’occasione per porgergli qualche domanda.
Quando hai iniziato ad interessarti al mondo della cucina?
“La mia prima esperienza lavorativa l’ho fatta quanto avevo 13 anni ho iniziato a lavorare in pasticceria grazie ad alcuni amici di famiglia. Poi, nel 2010, mi sono diplomato all’istituto alberghiero di Modica. La cucina è sempre stata il mio sogno. E’ così. Non è tanto il fattore economico a gratificarmi, quanto l’aver fatto del mio lavoro uno stile di vita. Per me un giorno senza cucina è come un giorno senza sole. Ed è stato così sin da quando ero piccolo. Mia madre, infatti, racconta a tutti che quando avevo 8 anni sono riuscito a fare i ravioli da solo. Ricordo, infatti, che per me la felicità era guardare mia nonna cucinare. Andavo spesso da lei durante le vacanze estive e la cosa che più mi piaceva era guardarla indaffarata ai fornelli. Grazie a lei ho imparato, ad esempio, ad ardere un forno a legna. E non è una cosa facile”.
Com’è proseguita, successivamente, la tua carriera?
“Agli esami di qualifica ho conosciuto Giuseppe Barone del ristorante Fattoria delle Torri. Entrò in cucina, mi vide lavorare e mi ha voluto con lui. Sono rimasto con Barone fino a 19 anni”.
Nonostante la tua giovane età hai già vinto numerosi premi…
“Nel 2008 ho vinto la medaglia d’oro al “Sicilia Cup di Marsala”, evento organizzato dal giornalista enogastronomico Luigi Cremona. Inoltre, sono stato primo per la Sicilia nella manifestazione dei giovani chef emergenti del sud Italia “Cooking for Wine”.
Il tuo primo amore è stata la pasticceria. La preferisci ancora alla cucina?
“Io prediligo entrambe le cose. Ritengo che siano fondamentali per la formazione di uno chef. E proprio per questo motivo porto avanti una linea di dolci con una nota salata: uso spesso capperi, zafferano e altri ingredienti che fanno pensare alla Sicilia”.
La tua cucina si orienta verso la tradizione o verso l’innovazione?
“Sono uno che sperimenta ma ritengo che un piatto per essere ricco non debba per forza utilizzare una materia costosa. Piuttosto, quello che conta, è la progettazione”.
Com’è proseguita la tua carriera?
“Ho conosciuto lo chef imprenditore Filippo La Mantia che mi ha proposto di lavorare a Roma. E’ stata la mia prima esperienza fuori casa. Dopo Roma, mi sono trasferito per un anno a Londra con lo chef Giorgio Locatelli. E’ stata un’esperienza che mi ha arricchito culturalmente e professionalmente. Locatelli è stato il primo italiano a prendere una stella Michelin a Londra. Lì ho fatto di tutto, sono cresciuto tantissimo. E’ un’esperienza che consiglio oggi ai miei collaboratori e che rifarei altre mille volte”.
Perché sei tornato a casa?
“Sono tornato perché ad un certo punto mi sono reso conto che la mia terra mi mancava. E’ vero che qui, in generale, non ci sono molte opportunità lavorative, ma molti giovani, spesso, non capiscono il senso della parola sacrificio”.
Dopo essere rientrato, cosa è successo?
“Ho lavorato con Accursio Craparo alla Locanda dei Colonnelli. Anche lì è stata un’esperienza bellissima. Era il 2013 e quando il ristorante ha chiuso mi ha chiamato Giuseppe Causarano per la Locanda Gulfi come responsabile della pasticceria. E allora ho accettato la richiesta al volo”.
Com’è nata, invece, la collaborazione con Carlo Cracco?
“Mi ha contattato un’agenzia per l’associazione Maestro Martino che Carlo Cracco ha creato ad Abbiategrasso, presso l’ex convento dell’Annunciata per aprire una scuola di cucina. Questa associazione ha voluto creare degli eventi fuoriExpo grazie all’organizzazione Milano Gourmet Experience per promuovere i prodotti tipici lombardi. Per questo motivo, sono stati scelti 12 ambasciatori del gusto provenienti da tutta Italia che promuoveranno i prodotti presidi Lombardia. A me, è stato assegnato come ingrediente il riso pavese e per me è stata una sfida accattivante. Ho deciso di realizzare un piatto particolare, un dolce, fatto con riso croccante. L’idea dell’uovo, invece, mi è venuta pensando ad uno dei piatti più famosi di Carlo Cracco, visto che è uno dei suoi ingredienti preferiti. Saremo lì il 12, il 13 e il 14 giugno con un cooking show aperto a tutti e una cooking class, a numero chiuso. Cucineremo per circa 300 persone. Il 21 aprile, invece, è stata effettuata l’inaugurazione che si è aperta con la mostra fotografica di Giovanni Gastel”.
La ricetta
Antonio Colombo, allora, ci spiega quali sono gli ingredienti di questo piatto: riso pavese croccante, latte di mandorla addensato con colatura di riso e latte di riso (per realizzare il finto albume) pesca tabacchiera e albicocche per il finto tuorlo, fiori di malva, frutta fresca, crumble di riso con pistacchi, mandorle e farina di riso come decorazione. Per dare un tocco di colore, invece, Antonio Colombo ha usato polvere di carote, basilico fresco e coulis di frutti rossi. La vista del piatto è già di per sé invitante. Garantisce chi scrive, invece, sul gusto.
Irene Savasta