Cultura Scicli

La Sicilia, isola fedele a Maometto

Le nostre origini

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Scicli - Da Ayn-Al-Awqat «una fonte che sgorga acqua a ore ben precise» a Balérm. La prima è Donnalucata, ridente città marinara del comune di Scicli, l’altra è Palermo, il capoluogo di regione.

Sono i nomi che gli arabi diedero alle città siciliane durante il loro lunghissimo dominio sul Mediterraneo.

Saracusa, Tabarnum, ovvero, Siracusa e Taormina. Solo per citarne alcune.

Per i fedeli di Maometto, Caltanissetta era Qal'at Nisa e Mazara, Marsa-Ali. Tutte capitali, le città siciliane nel grande Mar di Siria, il Mediterraneo, a quei tempi, per gli arabi tra cui l’Edrisi, il cartografo amico di Ruggero II che con queste parole descrisse la nostra Isola :«la Sicilia è la perla del secolo per abbondanza e bellezze; il primo paese del mondo per bontà di natura, frequenza di abitazioni e antichità d’incivilimento. Vengonvi da tutte le parti i viaggiatori e i trafficanti delle città e delle metropoli, i quali tutti ad una voce la esaltano, attestano la sua grande importanza, lodano la sua splendida bellezza, parlano delle sue felici condizioni, degli svariati pregi che si accolgono in lei e dei beni d’ogni altro paese del mondo che la Sicilia attira a sé. […]».

La Sicilia, vista dal basso e come appare in cartina sembrerebbe una colonia musulmana. Ma così non è. Gli arabi son venuti in Ṣiqilliyya circa millesettecento anni dopo i greci. Già nell’ottavo secolo prima della nascita di Cristo gli ellenici avevano fondato Katane (Catania), Naxos, Syrakousai e Megara Hyblaea. E poi Ghelas e Akragas e tutto il resto.

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Ogni dominatore voleva mettere il proprio sigillo sul territorio dominato. A partire dai nomi delle poleis (le città), ad esempio, che furono adattati a uso e consumo della lingua imposta dal nuovo padrone. Le radici autentiche di una terra che aveva la Magna Grecia nel cuore rimasero comunque inalterate; come scriveva, ancora, il marocchino Edrisi della nostra Isola: «nobilissime, tra tutte le altre cose che ricordi la storia, furono le sue dominazioni».

Come dire, nulla di nuovo sotto la mezzaluna dei “turchi” in Sicilia. La conversione all’arabo dei nomi delle città fu solo per comodità d’Impero e d’espressione ottomana. Andò in questo modo anche per la Μότουκα greca, Modica, che per i saraceni divenne Mohac.


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